Il Seminario. Libro XIX. ... o peggio

Testo stabilito da Jacques-Alain Miller
edizione italiana a cura di Antonio Di Ciaccia
Casa Editrice Giulio Einaudi, 2020

XIV

Teoria delle quattro formule

 

Ci sono molte persone che mi amano. A proposito, ce n’è una che mi ha mandato un bicchiere per lavare i denti. Lo dico per quanti erano al Panthéon la volta scorsa. Vorrei sapere chi è questa persona, per ringraziarla. La ringrazio a maggior ragione perché non si tratta di un bicchiere per lavare i denti bensí di uno stupendo bicchierino rosso, alto e sagomato, nel quale metterò una rosa, a prescindere da chi me l’ha mandato. Ma ne ho ricevuto uno solo, devo pur dirlo. Passiamo oltre.

Ci sono persone che mi amano un po’ dappertutto, perfino nei corridoi del Vaticano. Perché no? Vi si trovano delle persone molto per bene. Lo dico per chi mi ha interrogato sulla libertà: è soltanto in Vaticano che conosco dei liberi pensatori. Io non sono un libero pensatore, sono costretto ad attenermi a quello che dico. Che disinvoltura, invece, da quelle parti! Ah, si capisce come mai la Rivoluzione francese sia stata veicolata dai reverendi. Se conosceste la loro libertà, miei buoni amici, sudereste freddo. Cerco di ricondurli al nocciolo duro, ma non c’è niente da fare: debordano. La psicoanalisi, per loro, è superata. Qui potete constatare a che cosa serve il libero pensiero: ci vedono chiaro.

Era comunque un bel mestiere, no? Aveva i suoi lati buoni. Quando dicono che è superato, sanno quello che dicono. Dicono è fottuto perché in ogni caso si deve fare un po’ meglio. Lo racconto per avvertire coloro che vi sono coinvolti, e soprattutto quelli che mi seguono. Bisogna pensarci due volte prima di impegnarvi i propri discendenti. Per come vanno le cose è possibilissimo che tutto precipiti, cosí, di colpo. Insomma, dico questo unicamente per quelli che devono impegnarvi la loro discendenza. A costoro consiglio la prudenza.

Rendiamole comunque omaggio, alla psicoanalisi. Nel senso in

cui ho catalogato quattro discorsi, è l’unico discorso in cui la canaglieria sbocca necessariamente nella stupidità. Se si sapesse immediatamente che qualcuno che viene a domandare una psicoanalisi didattica è una canaglia, gli si direbbe Niente psicoanalisi per lei, mio caro, perché diventerebbe una testa di cavolo. Però non lo si sa, perché secondo la psicoanalisi la canaglieria non è ereditaria ma dipende sempre dal desiderio dell’Altro da cui è nato l’interessato. Non è sempre il desiderio dei suoi genitori, può essere quello dei suoi nonni, ma se il desiderio da cui è nato è quello di una canaglia costui è immancabilmente una canaglia. Non ho mai visto eccezioni, ed è anche per questo che sono sempre stato tenero con le persone di cui sapevo che dovevano lasciarmi, almeno nei casi in cui le avevo psicoanalizzate io, perché sapevo bene che erano diventate completamente stupide.

Non posso dire di averlo fatto intenzionalmente dato che, come vi ho detto, si tratta di una trasformazione necessaria quando una psicoanalisi è spinta fino in fondo, il che è il minimo per la psicoanalisi didattica. Se la psicoanalisi non è didattica, è una questione di tatto: dovete lasciare al tizio abbastanza canaglieria perché se la sbrogli opportunamente. È proprio terapeutico, dovete lasciarlo galleggiare. Ma nella psicoanalisi didattica non potete fare questo, perché Dio solo sa che cosa ne verrebbe fuori. Supponete uno psicoanalista che rimanga una canaglia – è un pensiero che assilla tutti. State tranquilli, contrariamente a ciò che si crede la psicoanalisi è sempre davvero didattica, anche quando è praticata da uno stupido, dirò anzi: a maggior ragione. Alla fine della fiera si rischia tutt’al piú di avere degli psicoanalisti stupidi. Ma come vi ho appena detto, la cosa in fin dei conti non presenta inconvenienti, perché l’oggetto a nel posto del sembiante è comunque una posizione che si può tenere. Si può anche essere stupidi fin dall’origine. È molto importante distinguere questo caso. […]

Ci si è interrogati molto sulla funzione del pater familias. Occorrerebbe mettere a fuoco meglio quello che possiamo esigere dalla funzione del padre. Quanto ci si riempie la bocca con questa storia della carenza paterna! C’è una crisi, è un dato di fatto, non è assolutamente falso. Per farla breve l’é-pater non ci sbalordisce piú. È questa l’unica funzione veramente decisiva del padre. Ho già fatto notare che non è l’edipo, che quella faccenda è andata a rotoli, che se il padre fosse un legislatore ne risulterebbe come figlio il presidente Schreber, niente di piú. Su qualsiasi piano il padre è colui che deve sbalordire la famiglia. Se il padre non sbalordisce piú la famiglia, si troverà naturalmente di meglio. Non dev’essere per forza di cose il padre carnale, ma ci sarà sempre uno che sbalordisce la famiglia, la quale è notoriamente un branco di schiavi. Ci saranno altri che la sbalordiranno.

1 giugno 1972