Testo stabilito da Jacques-Alain Miller
edizione italiana a cura di Antonio Di Ciaccia
Casa Editrice Giulio Einaudi, 2020
VII
La partner svanita
Cerchiamo ora di sondare quella che è la parentela dell’universale con il nostro tema, ossia l’enunciato per cui gli oggetti dovrebbero suddividersi in due tutti di equivalenza opposta. Vi ho appena fatto notare che non c’è ragione di esigere l’equinumerosità degli individui, e aggiungerò che ho ritenuto di poter sostenere quanto dovevo avanzare con la semplice biunivocità dell’accoppiamento. Si tratterebbe dunque, se fosse possibile, di due universali definiti unicamente dall’accertamento della possibilità di un rapporto dell’uno con l’altro o dell’altro con l’uno.
Tale rapporto non ha assolutamente nulla a che fare con quelli che vengono comunemente chiamati rapporti sessuali. Si hanno un sacco di rapporti con questi rapporti. E su di essi si hanno anche alcuni rapportini, e tutto questo occupa la nostra vita terrena. Al livello in cui lo situo si tratta di fondare il suddetto rapporto negli universali. Come si rapporta l’universale uomo all’universale donna? Ecco la questione che ci si impone per il fatto che il linguaggio esige di venire fondato per questa via. Se non ci fosse linguaggio, beh, non ci sarebbe nemmeno questione. Non saremmo costretti a far entrare in gioco l’universale. […]
L’universale fa sorgere per la donna esclusivamente la funzione fallica, alla quale ella partecipa, come sapete – è questa l’esperienza, ahimè troppo quotidiana per non velare la struttura. Ma ella vi partecipa soltanto in quanto vuole rapirla all’uomo, oppure, mio Dio, imporgliene il servizio ove mai, … o peggio – è il caso di dirlo –, glielo concedesse. Tuttavia ciò non universalizza la donna, anche perché è questo a stare alla radice del non-tutta: che ella cela un godimento diverso dal godimento fallico, il godimento propriamente detto femminile che dal godimento fallico non dipende in alcun modo.
Se la donna non è tutta, è perché il suo godimento è duale. Ce lo ha rivelato Tiresia quando si è riavuto dall’essere stato per qualche tempo, per concessione di Zeus, Teresa, naturalmente con la conseguenza che sappiamo. Questa conseguenza è come ostentata, se posso dire cosí, visibile – è il caso di dirlo – in Edipo. È quello che lo attendeva per essere esistito, proprio lui, come l’uomo di quel possesso supremo conseguente all’inganno in cui la sua partner lo aveva mantenuto circa la vera natura di ciò che ella offriva al suo godimento. Ovvero, detto altrimenti, conseguente al fatto che la sua partner non gli chiedeva di rifiutare quello che gli offriva. Tutto ciò manifesta, nel registro del mito, che per esistere come uomo a un livello che sfugge alla funzione fallica Edipo non aveva nessun’altra donna se non quella, precisamente quella che non avrebbe dovuto esistere per lui come tale.
Perché questo non avrebbe dovuto, perché la teoria dell’incesto? Questo interrogativo richiederebbe che io mi inoltrassi in quella via dei Nomi-del-Padre in cui ho detto che non mi inoltrerò mai piú. Poiché qualcuno mi ha chiesto di farlo, ho riletto la prima conferenza dell’anno 1963-1964 – che ho tenuto a Sainte-Anne. È per questa ragione che ci sono tornato su. Si può rileggere, è leggibile, ha perfino una certa dignità, sicché la pubblicherò se mai pubblicherò ancora, cosa che non dipende da me. Bisognerebbe che altri pubblicassero un po’ insieme a me, ne sarei incoraggiato. Se pubblico quella conferenza si vedrà con quanta cura ho rilevato allora – ma ne avevo già parlato da cinque anni in un certo numero di registri – la metafora paterna, il nome proprio e cosí via. C’era tutto quello che serviva per dare un senso, con la Bibbia, a quella elucubrazione mitica delle mie dichiarazioni. Ma non lo farò mai piú. Non lo farò mai piú perché tutto sommato posso accontentarmi di formulare le cose a livello della struttura logica, che in definitiva ha i suoi diritti.
Su un certo piano, quello dove ci sarebbe una chance che ci fosse il rapporto sessuale, non esiste nient’altro che $ di x barrato, l’ετερος in quanto assente. Non è per forza di cose un privilegio del sesso femminile, è semplicemente l’indicazione di ciò che inscrivo nel mio grafo – lo dico perché ha conosciuto una certa sorte – con il Significante di A barrata. Ciò significa che, da qualsiasi parte lo si prenda, l’Altro è assente a partire dal momento in cui si tratta del rapporto sessuale.
Sul piano di ciò che funziona, ossia della funzione fallica, c’è semplicemente la discordia che ho menzionato prima. Vale a dire che da una parte e dall’altra, stavolta, non ci si trova nella stessa posizione. Da una parte abbiamo l’universale fondato su un rapporto necessario alla funzione fallica, mentre dall’altra parte abbiamo un rapporto contingente, perché la donna è non-tutta.
Sottolineo dunque che al piano superiore il rapporto fondato sulla sparizione, lo svanimento dell’esistenza di uno dei partner, che lascia il posto vuoto per l’inscrizione della parola, non è prerogativa di nessuna parte. Tuttavia, affinché ci sia fondamento del sesso, come si dice, bisogna che siano due. Zero e uno fanno sicuramente due sul piano simbolico, cioè nella misura in cui ammettiamo che l’esistenza si radica nel simbolo. È questo a definire l’essere parlante.
L’essere parlante è di certo qualcosa, ciò è ben probabile. Che cosa mai non è quello che egli è? Solo che questo essere è assolutamente inafferrabile. E lo è a maggior ragione in quanto per sostenersi è costretto a passare per il simbolo. Un essere, quando arriva a essere soltanto in virtú del simbolo, è precisamente un essere senza essere. Per il solo fatto che voi parlate, fate tutti parte di questo essere senza essere. A sostenersi è in compenso l’esistenza, giacché esistere non è essere ma dipendere dall’Altro. Voi siete qui, tutti per un qualche aspetto, a esistere, ma per quanto riguarda il vostro essere, non siete veramente tranquilli, altrimenti non verreste a cercarne la sicurezza in tanti sforzi psicoanalitici.
3 marzo 1972